Area 4113


Descrizione:

Si tratta della chiesa di Sant’Eusebio, uno dei più antichi tituli di Roma, forse del IV secolo d.C.. Secondo la tradizione sorge, infatti, sulla casa del prete Eusebio, giustiziato sotto l’imperatore Costanzo II (361 d.C.). Fu poi convertita in titolo ecclesiastico e consacrata da papa Liberio. Queste notizie sono suffragate dal rinvenimento sotto la chiesa dei resti di una casa romana con riadattamenti del IV-V secolo d.C..
Restaurata nel 750 sotto papa Zaccaria e, successivamente tra l’VIII e il IX secolo, venne ristrutturata sin dalle fondamenta nel 1288 e consacrata ai SS. Eusebio e Vincenzo da Gregorio IX. Della chiesa duecentesca a tre navate non resta quasi nulla, fatta eccezione per il campanile romanico visibile dal cortile, a tre ordini di trifore, risalente al tempo di Onorio III. L’aspetto attuale si deve ai lavori del 1711, anno iscritto sull’architrave della facciata e del 1759, come si legge sull’arco della navata centrale. L’interno, ristrutturato da Niccolò Picconi a metà Settecento, è a tre navate suddivise da quattro archi su pilastri.
Visibili

Dimensioni:

Localizzazione

I resti archeologici:

Tipologia:   Non identificato
Funzione:   Culturale
Visibilità:   Visibile
Riferimenti:


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Area 4112


Descrizione:

Si tratta dei resti di una struttura monumentale in opera laterizia, denominata nel Rinascimento 'Trofei di Mario' a causa della presenza di due gruppi scultorei che si riteneva celebrassero le vittorie di Mario sui Cimbri, e che invece risalgono ad età domizianea. In realtà i trofei non appartenevano originariamente al monumento ma furono riutilizzati da Alessandro Severo come ornamento della facciata del suddetto edificio. Questo rappresenta un’immensa fontana monumentale alimentata dall’Aqua Iulia, a pianta trapezoidale e articolata su tre piani. I primi due ospitavano vari ambienti e canalizzazioni, mentre il piano superiore, dove erano i Trofei, costituiva la facciata monumentale con una nicchia centrale fiancheggiata da due archi. Anteriormente una vasca raccoglieva l’acqua che ricadeva dall’alto. Alcune tracce superstiti mostrano che l’edificio era rivestito di marmo. Il monumento cominciò ad andare in rovina con il taglio degli acquedotti, avvenuto durante la guerra gotica nel 538 d.C.. Dopo secoli di degrado e spoliazione, nel 1590 papa Sisto V fece trasportare i rilievi denominati 'Trofei di Mario' sulla balaustra del Campidoglio, dove sono tuttora visibili.
Visibili

Dimensioni:

Localizzazione

I resti archeologici:

Tipologia:   Non identificato
Funzione:   Idrica
Visibilità:   Visibile
Riferimenti:


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Area 4103


Descrizione:

La necropoli di Porto è composta di circa 150 sepolcri. L'area archeologica attuale ne include 100, cioè il nucleo meridionale, mentre gli altri sono stati ricoperti. La necropoli è attraversata da una strada che collega Porto ad Ostia, identificata da alcuni studiosi come l'antica via Severiana. In realtà, l'uso dell'opera reticolata per i muri di contenimento, e il rinvenimento di una moneta di Galba nella massicciata, portano piuttosto ad attribuirla all'età flavia.
L'occupazione della necropoli iniziò poco dopo la creazione del porto di Claudio. Le tombe sorsero addossandosi 'a schiera' le une alle altre, fino a formare dei gruppi divisi al loro interno da sentieri ed aree libere. A partire dal III secolo la mancanza di spazio portò ad una rioccupazione del primo fronte verso la strada. In seguito, fino al IV-V secolo, vi furono solo riutilizzi e modifiche di tombe già esistenti.
Il tipo di tombe predominante è quella familiare a camera quadrata, che può essere dotata di un recinto antistante la cella; alcune tombe presentano, ai lati della porta, biclinia in muratura per i banchetti funebri. La tecnica prevalente è l'opera laterizia; per i fianchi e il retro delle tombe è molto usata anche l'opera reticolata. Negli interni è prevalente il rito misto, con nicchie per l'incinerazione nella parte alta delle pareti, arcosoli per le inumazioni nella parte bassa. Inoltre, recenti scavi hanno dimostrato che il pavimento a mosaico presente in molte di queste tombe, copre in realtà altre inumazioni in formae con spallette in muratura, impiantate in più strati, le une sulle altre. L'ingresso al sepolcreto si apre sulla strada, costruita unitariamente e senza rifacimenti. Le crepidini sui due lati sono in blocchi di opera quadrata di tufo, poggianti su muri di contenimento in opera reticolata con contrafforti.
Visibili

Dimensioni:

Localizzazione

I resti archeologici:

Tipologia:   Non identificato
Funzione:   Funeraria
Visibilità:   Visibile
Riferimenti:


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Rilievi



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Area 3969


Descrizione:

Si tratta del santuario siriaco, che già doveva sorgere a partire dal I secolo d.C. Successivamente il tempio fu ricostruito da Marcus Antonius Gaianos, un siriano contemporaneo di Marco Aurelio e Commodo. La costruzione, attualmente conservata, dovrebbe risalire al IV secolo d.C.. Il santuario si presenta con una forma piuttosto allungata, costruito con blocchetti parallelepipedi di pietra e rari ricorsi di laterizi. Esso è strutturato in tre parti distinte: al centro un cortile rettangolare, che costituiva l’ingresso; ad E un ambiente dalla pianta mistilinea; ad O un edificio basilicale preceduto da un nartece, sul quale si aprono due celle laterali. Questo ambiente è suddiviso in tre navate. La navata centrale presenta al centro un altare triangolare ed è conclusa da un'abside in cui si apre una nicchia semicircolare, fiancheggiata da due nicchie minori. Nei muri che dividono le tre navate sono altre quattro nicchie semicircolari. L’ultimo ambiente, quello ad E, era raggiungibile passando attraverso il cortile e raggiungendo due porte che immettevano in due piccoli ambienti. Da quest’ultimi si accedeva ad un’aula ottagonale, terminata ad O da un’abside. In questo ambiente furono scoperte alcune sculture particolarmente importanti.
Visibili

Dimensioni:

Localizzazione

I resti archeologici:

Tipologia:   Non identificato
Funzione:   Culturale
Visibilità:   Visibile
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Area 3967


Descrizione:

La basilica di S.Sabina sorse per opera di Pietro d’Illiria sotto il pontificato di Celestino I, intorno al 425. Sotto la prima metà della basilica vi è una domus del III-IV secolo con atrio interno il cui colonnato è incluso a NO nei muri della chiesa. Una sala della casa è lunga e larga quanto la chiesa. Sotto la seconda metà della chiesa e l’abside erano due santuari arcaici. La tradizione vuole che la chiesa sorgesse al di sopra dell’abitazione della patrizia romana Sabina, convertitasi alla religione cristiana, e per questo martirizzata. La primitiva chiesa, sorta appunto sotto Celestino I, fu trasformata in basilica da papa Sisto III (432-440), successivamente ampliata ed arricchita da papa Leone II (795-816). Agli inizi del X secolo il principe Alberico inglobava la chiesa nei bastioni eretti sull’Aventino per controllare il traffico fluviale, chiudendo il portico, aprendo feritoie ed erigendo torri e ballatoi. La zona veniva presidiata dai Crescenzi e poi dai Savelli, di cui sono visibili tracce della loro fortificazione nell’adiacente parco Savello. Nel 1222 papa Onorio III (1216-1227) la concesse all’ordine dei Domenicani, che trasformarono la residenza baronale in convento e riaprirono la chiesa al culto. Risalgono a quest’epoca il campanile, mozzato nel ‘600 ed il chiostro. Interessante esempio di scultura lignea della seconda metà del V secolo è la porta centrale. La porta, di cedro o cipresso, è costituita da ventotto specchiature, contornate da racemi e piccoli animali. Il tema della narrazione, intagliato sulla porta, rappresenta il parallelismo tra Mosè, Elia e Cristo. Una delle raffigurazioni più esemplificative è la rappresentazione di Cristo in croce con occhi aperti e senza nimbo. E’ il primo esempio di raffigurazione plastica di un soggetto vietato fino al VI secolo. Penetrando all’interno della basilica si avverte il senso di spazialità, misurata all’insegna della tradizione classica. E’ a tre navate suddivise da ventiquattro colonne corinzie.
Visibili

Dimensioni:

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Tipologia:   Non identificato
Funzione:   Culturale
Visibilità:   Visibile
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Un progetto a cura di
Università di Roma Tor Vergata
Carma
Cester Impresa
In collaborazione con
Mibac
Comune di Roma