Guilici segnala la presenza della Botte di Luciano che 'ricopre, con la sua caratteristica calotta ad ogiva, la ricca sorgente che è all'origine del fosso omonimo. A parte alcuni pezzi di marmo riusati nelle murature, che sono moderne, la zona a monte presenta numeroso materiale fittile in pasta giallina, farinosa, da riferire ad età ellenistica" (Quilici 1974, p.848).
Visibili
Dimensioni:
Localizzazione
I resti archeologici:
Tipologia:
Non identificato Funzione:
Idrica Visibilità:
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Area 1211
Descrizione:
L'area è interessata da resti di antiche cave, attualmente in abbandono. Si riconoscono, nelle porzioni N e E dell'area, le pareti verticali risparmiate dalle operazioni di estrazione del materiale.
Visibili ma non accessibili
Dimensioni:
Localizzazione
I resti archeologici:
Tipologia:
Non identificato Funzione:
Produttiva Visibilità:
Visibile Riferimenti:
Fotografie:
Fotografie attuali
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Area 820p
Descrizione:
Si tratta dei resti degli acquedotti Aqua Marcia, Tepula, Iulia, e acquedotto Felice. L'acqua Marcia, condotta a Roma dal pretore Q. Marcius Rex nel 144 a.C., proveniva dall'Aniene e dopo un percorso sopraterra si perdeva per riemergere presso Romavecchia, dove si congiungeva con la Tepula e la Iulia e, dopo porta Furba, si affiancava alla Claudia. Il percorso totale era di poco più di Km 91 e la sua capacità massima di mc 187.600 al giorno. La Tepula, fondata nel 125 a.C. dai censori Cn. Servilio Cepione e L. Cassio Longino, giungeva dalla zona dei Colli Albani, presso Marino, e si affiancava al percorso della Marcia; il suo nome era dovuto alla temperatura piuttosto elevata dell'acqua trasportata con una capacità massima di mc 17.800 al giorno. L'acqua Iulia, proveniente dal territorio di Tuscolo, fu condotta a Roma da Agrippa nel 33 a.C. che la riunì alla Tepula in un unico condotto, creato appositamente, la lunghezza del quale era di m 21.677. La capacità era di mc 48.240 al giorno ed il percorso urbano era lo stesso della Marcia. L'acquedotto Felice, voluto da Gregorio XIII (1583) e terminato sotto il pontificato di Sisto V (1585-89), riutilizza le sorgenti dell'Aqua Alexandriana presso Colonna.
I resti presenti in questa porzione di territorio, insistono sia su terreni recintati che su terreni accessibili e sono stati suddivisi in due sezioni O e P.
Del tratto P dell'acquedotto rimane una sola arcata e l'imposta di un'altra. Di questo tratto manca in gran parte la cortina (dove è visibile si tratta di opera listata) e rimane il conglomerato in opera cementizia (malta, scaglie di selce, tufo e travertino). I resti insistono all'interno dei terreni recintati ed inaccessibili di proprietà del casale La Barcaccia (area 3851).
Le porzioni di acquedotto dovrebbero appartenere ad un rifacimento tardo dell'Aqua Marcia.
"L'acquedotto, che consentiva il superamento della vallata solcata dal fosso di Vermicino, doveva ridiventare sotterrano nel tratto compreso tra il piccolo ninfeo e la cisterna di "Muro Linari" [...] Come ipotesi non si può escludere che le arcate in esame si riferiscano semplicemente ad un acquedotto privato derivante probabilmente da quello della Marcia e deliberatamente creato ex novo forse nel sec. IV per servire le numerose ville residenziali, con i loro sontuosi impianti idraulici, sparse nella zona" (De Rossi 1979, pp.30-31).
Visibili
Dimensioni:
Localizzazione
I resti archeologici:
Tipologia:
Non identificato Funzione:
Idrica Visibilità:
Visibile Riferimenti:
Fotografie:
Fotografie attuali
Fotografie aeree
Cartografie
Rilievi
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Area 820o
Descrizione:
Si tratta dei resti degli acquedotti Aqua Marcia, Tepula, Iulia, e acquedotto Felice. L'acqua Marcia, condotta a Roma dal pretore Q. Marcius Rex nel 144 a.C., proveniva dall'Aniene e dopo un percorso sopraterra si perdeva per riemergere presso Romavecchia, dove si congiungeva con la Tepula e la Iulia e, dopo porta Furba, si affiancava alla Claudia. Il percorso totale era di poco più di Km 91 e la sua capacità massima di mc 187.600 al giorno. La Tepula, fondata nel 125 a.C. dai censori Cn. Servilio Cepione e L. Cassio Longino, giungeva dalla zona dei Colli Albani, presso Marino, e si affiancava al percorso della Marcia; il suo nome era dovuto alla temperatura piuttosto elevata dell'acqua trasportata con una capacità massima di mc 17.800 al giorno. L'acqua Iulia, proveniente dal territorio di Tuscolo, fu condotta a Roma da Agrippa nel 33 a.C. che la riunì alla Tepula in un unico condotto, creato appositamente, la lunghezza del quale era di m 21.677. La capacità era di mc 48.240 al giorno ed il percorso urbano era lo stesso della Marcia. L'acquedotto Felice, voluto da Gregorio XIII (1583) e terminato sotto il pontificato di Sisto V (1585-89), riutilizza le sorgenti dell'Aqua Alexandriana presso Colonna.
I resti presenti in questa porzione di territorio insistono sia su terreni recintati che su terreni accessibili e sono stati suddivisi in due sezioni O e P.
Del tratto O dell'acquedotto rimangono quattro pilastri isolati ed un arcata, compresi all'interno di un'area di 1 ettaro ca. Il terreno sui quali insistono le presenze è accessibile ma coltivato a vite (i terreni sono probabilmente di proprietà del casale La Barcaccia). Le strutture hanno il conglomerato in opera cementizia (malta, scaglie di selce, tufo e travertino) e la cortina in opera listata, con filari irregolari di laterizi e blocchetti di tufo.
Le porzioni di acquedotto dovrebbero appartenere ad un rifacimento tardo dell'Aqua Marcia.
"L'acquedotto, che consentiva il superamento della vallata solcata dal fosso di Vermicino, doveva ridiventare sotterrano nel tratto compreso tra il piccolo ninfeo e la cisterna di "Muro Linari" [...] Come ipotesi non si può escludere che le arcate in esame si riferiscano semplicemente ad un acquedotto privato derivante probabilmente da quello della Marcia e deliberatamente creato ex novo forse nel sec. IV per servire le numerose ville residenziali, con i loro sontuosi impianti idraulici, sparse nella zona" (De Rossi 1979, pp.30-31).
Visibili
Dimensioni:
Localizzazione
I resti archeologici:
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Area 521a
Descrizione:
Si riconosce una struttura muraria a pianta quadrata, realizzata in blocchetti molto irregolari di tufo e scaglie di selce tagliate in maniera disomogenea. Il paramento è legato da conglomerato cementizio, che in molte porzioni della muratura risulta esposto a seguito del crollo del paramento. La struttura è fortemente lesionata, sono visibili crepe ed incrinature, in particolar modo localizzate sul lato O e sull'attacco di questo con le altre strutture. A porre parziale ed estemporaneo rimedio alla situazione di crisi sono state poste alcune impalcature di sostegno, in tubi innocenti. Non è possibile fornire elementi descrittivi più dettagliati sulle murature perché l'area è recintata con un'alta rete metallica e coperta da vegetazione che non permette di analizzare i resti da vicino. Ulteriori notizie sulla struttura vengono fornite da Quilici che identifica "un rudere quadrangolare in calcestruzzo di selce, il quale interessava una villa le cui tracce furono notate ancora dal Lanciani a sinistra della Labicana. La bocca di un pozzo, probabilmente di cisterna, fu notata dall'Ashby e dal Lugli nello stesso sito, a destra della via. All'archivio della Soprintendenza delle Antichità di Roma si conserva una fotografia di sospensure pavimentali, in piastrelle laterizie, eseguita in un tempo indeterminato in questa località" (Quilici 1974, pp-753-754). L'interpretazione fornita dal Quilici discorda con i dati della Carta dell'Agro che, in questo punto, localizza un "Mausoleo e resti di muratura" e non le tracce di una villa.
Visibili
Dimensioni:
Localizzazione
I resti archeologici:
Tipologia:
Non identificato Funzione:
Non identificata Visibilità:
Visibile Riferimenti:
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