Area 758


Descrizione:

Si tratta dei tre colombari di Vigna Codini che "costituiscono attualmente gli esempi più importanti, dal punto di vista monumentale, per quanto riguarda gli edifici di questo tipo". (Astolfi 1998, p.10)
Il colombario A è un ambiente ipogeo a pianta quadrangolare, costruito in laterizio, tranne il podio che corre intorno alle pareti che è in opera reticolata.
Al centro è un pilastro quadrangolare di 3.58 x 1.68 m ca, anch’esso utilizzato per sepolture. Sulle pareti si aprono numerose file di nicchie semicircolari, scandite da cornici marcapiano, contenenti due olle cinerarie. Sopra ogni loculo c’è una targhetta dipinta destinata a ricevere il nome del proprietario, graffito; altre volte sulla targhetta dipinta è stata applicata l’epigrafe marmorea. Sulle pareti del pilastro sono dipinte scene dionisiache. Sulla base delle epigrafi il colombario è databile all’età tiberiana.
Anche il colombario B si presenta come un ambiente ipogeo a pianta quadrangolare, in opera reticolata. Tutte le pareti sono ricoperte di loculi ad arco, con due olle ciascuno. Su due delle pareti sono in parte conservate pitture ornamentali. In questo colombario non ci sono le targhette dipinte, ma piccole lastre di marmo, molte delle quali oggi senza epigrafe. Il colombario probabilmente risale alla tarda età augustea, mentre le pitture sono riferibili ad età più tarda.
Il colombario C ha dimensioni maggiori degli altri, non ha una pianta regolare, ma è formato da tre ambienti ipogei che si uniscono tra loro in angolo retto in forma di 'V'. Vi si accede da una scala a due rampe. Le pareti sono coperte di loculi di dimensioni notevoli e di forma quadrangolare, per contenere urne di marmo, e inframezzati da edicole e anche da arcosoli. Il sepolcro doveva certamente appartenere a persone che potevano contare su una disponibilità economica non indifferente, date le lastre marmoree, le paraste con capitelli in marmo colorato e le pitture ornamentali. Al suo interno è stato trovato anche un sarcofago: questo ci fa presumere che il colombario sia stato usato in epoca tarda per inumazioni.
Questo sepolcro ebbe probabilmente due fasi di vita: la prima sotto la dinastia Giulio-Claudia; la seconda durante l’età di Traiano e Adriano.
I colombari in questione furono scoperti durante la metà del 1800, i primi due dal marchese Campana, al quale si deve anche il rinvenimento del colombario di Pomponio Hylas presso la porta latina, mentre il terzo da Pietro Codini, ultimo proprietario del fondo.
Visibili

Dimensioni:

Localizzazione

I resti archeologici:

Tipologia:   Non identificato
Funzione:   Funeraria
Visibilità:   Visibile
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Area 757


Descrizione:

Si tratta di un imponente sepolcro a torre, di cui è visibile, dall’esterno, solamente la parte superiore in conglomerato cementizio costituito da blocchi tufo di colore giallo e rosso e malta di colore grigio.
Visibili ma non accessibili

Dimensioni:

Localizzazione

I resti archeologici:

Tipologia:   Non identificato
Funzione:   Funeraria
Visibilità:   Visibile
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Area 756


Descrizione:

L’area è relativa al colombario di Pomponius Hylas; il colombario, datato al periodo compreso tra il principato di Tiberio e di Nerone (14-68 d.C.), è costruito in opera cementizia rivestita di mattoni. La cronologia è stata attribuita in base alle pitture che ornano le pareti del colombario e al ritrovamento di due epigrafi dedicate una ad un servo di Tiberio, l’altra a due servi di Ottavia, figlia di Claudio e Messalina. Comunque, il sepolcro continuò ad essere utilizzato per un arco di tempo più lungo, almeno fino all’età flavia (II secolo d. C.): ospitò, infatti, in età flavia, le ceneri del liberto Pomponius Hylas, il cui nome appare su un mosaico di paste vitree.
Al sepolcro si giungeva mediante un diverticolo della via Latina e si accedeva mediante una ripida scala, tuttora conservata. Sul muro, di fronte alla scala, si apre una nicchia la cui abside è decorata con concreazioni calcaree. Al di sotto di questa è un pannello a mosaico di paste vitree inquadrato da una fascia di conchiglie. All’interno, un motivo a treccia delimita un campo, nel quale sono iscritti, i nomi dei coniugi defunti P.Hylas e la moglie Vitalina. Il mosaico comprende anche una decorazione figurata che ritrae due grifoni affrontati ad una cetra. Sulla destra si apre l’ambiente rettangolare del colombario, coperto a volta e terminante con un'abside, al centro della quale è situata un’edicola su podio inquadrata da due piccole colonne, con fregio e timpano, fiancheggiata da altre due edicole con timpani spezzati sui lati. La parete destra dell’ambiente è occupata da un’altra edicola con timpano; mentre la parete sinistra presenta due edicole, anch’esse con timpano triangolare, e decorate con stucco dipinto. Nel vano sottostante la scala è ancora conservato un sarcofago di terracotta coperto di tegole, che conserva le ossa del defunto. Si tratta di una delle ultime sepolture nell’ipogeo, subito dopo l’ambiente venne abbandonato a se stesso.
La volta ed il catino absidale sono decorati con un sottile arabesco che crea con i suoi girali un effetto di illusionismo spaziale. Nella volta, i girali di tralici di vite formano delle volute sulle quali aleggiano figure di amorini e di uccelli. Nel catino absidale, su tralci di melograno si librano piccoli insetti e tre figure femminili identificabili con le Nikai. Sull’arco che delimita il catino absidale è raffigurata una scena molto complessa. Alle estremità sono raffigurati due giovani sdraiati che indossano un manto leggero: quello di sinistra versa del liquido in una patera, quello di destra porge una patera. Al centro dell’arco vi sono due figure: a destra una figura giovanile vestita all’orientale, a sinistra un giovane inginocchiato che impugna una spada nella mano destra. Anche l’edicola centrale presenta delle pitture di estrema rilevanza. Sulla parete di fondo sono dipinte due figure, una maschile togata, ed una femminile, entrambi tengono in mano un rotolo, e al centro vi è una cista utilizzata per la celebrazione dei misteri. Le due figure rappresentano certamente i defunti fondatori del sepolcro, i cui nomi risultano nella tabella marmorea sottostante. Nello spazio triangolare del frontone è raffigurato un giovinetto da identificarsi con Dioniso; mentre sull’architrave è raffigurato l’episodio di Orfeo fra i Traci. La scena è ambientata in un santuario dionisiaco, sul cui sfondo sono le Menadi invasate.
In una delle edicole di sinistra, di età flavia, reca anch’essa rappresentazioni di contenuto simbolico: il centauro Chirone che insegna ad Achille a suonare la lira; sul fregio dell’architrave sono ancora visibili Cerbero e la figura di Ocno, barbato, calvo e con chitone manicato.
Tutte le raffigurazioni del colombario sembrano esprimere un carattere simbolico che alludono ai diversi destini dell’anima nell’aldilà.
Visibili

Dimensioni:

Localizzazione

I resti archeologici:

Tipologia:   Non identificato
Funzione:   Funeraria
Visibilità:   Visibile
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Area 755


Descrizione:

Si tratta del sepolcro degli Scipioni, "posto tra la via Appia e la via Latina, più vicino alla via Appia, poche centinaia di metri prima della Porta S. Sebastiano" (Touring 1993, p.484). La facciata del sepolcro, rivolta a NO, era costituita da un ordine di semipilastri di tufo con base attica, poggiante su un basamento tagliato nella roccia e ricoperto di affreschi per tutta la sua lunghezza. Dagli scarsi resti ancora esistenti si possono riconoscere tre strati sovrapposti di pitture, dei quali i primi due con una rappresentazione di scena storica, l’ultimo presentava una semplice decorazione ad onde stilizzate, dipinte in rosso. Le pitture, quasi sicuramente, coprono un arco cronologico che va dal II secolo all’inizio del I secolo a.C.. La costruzione del sepolcro, risalente ai primi decenni del III secolo a.C., si deve a Lucio Cornelio Scipione Barbato, console nel 298 e capostipite della famiglia.
Il sepolcro, scavato in un banco naturale di cappellaccio, presenta una pianta di forma all’incirca quadrata, con quattro gallerie che costituiscono i lati, e altre due che si incrociano perpendicolarmente al centro. I sarcofagi sono sistemati lungo le pareti, talvolta incavate per accoglierli, e intorno ai pilastri risultanti dall’intersezione delle gallerie. Dalle ricostruzioni proposte, si può ricavare che essi dovevano essere una trentina, di cui restano i frammenti di sedici (di cui sette conservano la relativa iscrizione). Ne esistono due tipi: quelli monolitici, scavati in un solo blocco di tufo, e quelli formati da lastroni accostati. La più antica deposizione, posta nella parete di fondo della galleria centrale, è quella di L.Cornelio Scipione Barbato. Si tratta di un sarcofago in peperino (l’originale è conservato ai Musei Vaticani) decorato con modanature alla base e ornato alla sommità con un fregio dorico composto con triglifi e metope con rosoni a rilievo. L’iscrizione dipinta sul coperchio fornisce, appunto, il nome ed il patronimico del defunto. Una seconda iscrizione, di una riga e mezzo, fu scalpellata e sostituita da un’altra in versi saturni, che, oltre ai dati onomastici e le cariche rivestite dal defunto, elencava le sue principali gesta. Le successive deposizioni cominciarono ad occupare il lato E del sepolcro, a sinistra della galleria centrale venne posto il sarcofago monolitico di L.Cornelio Scipione, figlio di Barbato e console nel 259 a.C.. Tra le altre deposizioni ricordiamo quella di P.Cornelio Scipione, flamine Diale, quella di L.Cornelio Scipione, questore nel1’anno 67 a.C., quella della moglie di Scipione l’Ispallo, ecc. All’estremità della galleria sinistra è ancora visibile una calcara medioevale dove venivano calcinati i marmi.
Intorno al 150 a.C. il sepolcro, oramai completamente occupato, venne ampliato con una nuova galleria aperta sul lato verso la via Appia. Il nuovo ipogeo, non comunicante con il sepolcro primitivo, aveva un ingresso indipendente, formato da un arco a conci di tufo dell’Aniene. Al suo interno sono stati rinvenuti frammenti di tre sarcofagi, di cui due con iscrizioni, ma si può identificare con sicurezza solo quella relativa a Cn.Cornelio Scipione Ispano.
Visibili

Dimensioni:

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I resti archeologici:

Tipologia:   Non identificato
Funzione:   Funeraria
Visibilità:   Visibile
Riferimenti:


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Area 750


Descrizione:

La Carta dell'Agro segnala la presenza di una necropoli, che oggi non è più visibile.
Non più visibili

Dimensioni:

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I resti archeologici:

Tipologia:   Non identificato
Funzione:   Funeraria
Visibilità:   Non visibile
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Un progetto a cura di
Università di Roma Tor Vergata
Carma
Cester Impresa
In collaborazione con
Mibac
Comune di Roma